Oasi di Sant’Alessio
Fotografare la natura
Una visita all’Oasi di San t’Alessio, per fotografare e dipingere la natura: silenzio e bellezza, canto di uccelli, lieve battito di ali di farfalla, profumo di fiori e piante.
Un luogo incantevole visitato anni prima e di cui conserviamo un’immagine naturale e spontanea:
Armate di macchina fotografica e album per gli schizzi, ci avviamo verso l’Oasi di Sant’Alessio, a Sant’Alessio con Vialone (Pavia).
Incontriamo un castello medioevale circondato da un fossato e un parco naturalistico con una flora squisitamente informale e una fauna variopinta.
Ammiriamo subito le ninfee bianche, gialle di cadmio chiaro e rosse quinacridone, che ci richiamano alla memoria il mondo giapponese del Giardino di Claude Monet, il grande pittore impressionista, a Giverny, visitato anni fa, di cui parliamo ampiamente in un altro articolo.

Visitare l’Oasi di Sant’Alessio in agosto ci permette proprio di ammirare le ninfee che impreziosiscono il fossato e che attendono il pieno sole per schiudersi e formare un tappeto di macchie posate su foglie galleggianti color verderame, in contrasto con il colore cupo dell’acqua, in una complessità di toni e sfumature che un pittore immenso come Claude Monet ha saputo cogliere.

L’Oasi si sviluppa intorno al castello di Sant’Alessio che era, nel XV secolo, residenza dei nobili Beccaria.
E’ probabile che questa importante famiglia lo usasse come casino di caccia per la vicinanza al Parco Visconteo di Pavia (1365-c.1525), che fu una delle meraviglie del Ducato di Milano.
Riserva di caccia (cervi, daini, caprioli e cinghiali, ma soprattutto conigli e uccelli con i falchi) e luogo di svago dalla fine del Trecento alla fine del Quattrocento, prima dei Visconti e poi degli Sforza, oggi questo Parco non esiste più.

Dopo alterne vicende di abbandoni e distruzioni, nel 1973 il Castello e la poca terra che lo circondava vennero acquistati da Antonia e Harry Salamon: il loro sogno era creare un allevamento di specie in pericolo, per ripopolare la natura.
Quel che oggi si vede è stato tutto costruito dopo, perché l’Oasi è soprattutto un centro che si occupa di allevamento e reintroduzione delle specie “a rischio”, per la ricostruzione ambientale.


Appena arrivate vediamo sul campanile della Chiesa di Sant’Alessio, che si trova di fronte all’ingresso del Castello, un nido che ospita due cicogne, e altri nidi sul tetto della Torre del Castello.
Non è certo stato un colpo di fortuna, perché “L’Oasi è stata la prima (dal 1977) a riuscire nella reintroduzione della Cicogna bianca, con quasi 700 esemplari partiti da qui in 30 anni”.
Entriamo e ci immergiamo subito nell’atmosfera del castello e ci sembra di udire i suoni dei preparativi per la caccia, il rumore degli zoccoli dei cavalli, gli ululati dei cani, il volo radente dei rapaci, il fruscio delle eleganti vesti delle nobildonne dalla vita cortese.
Ammiriamo, nel piano terra della torre ristrutturata, degli affreschi di grande interesse iconografico.



Cominciamo quindi la visita naturalistica e ciò che ci colpisce è il tentativo di costruire un habitat favorevole agli animali, dove l’umano è un ospite, non il protagonista.
Gli animali dell’Oasi sono tanti: la lontra europea, una famigliola di bradipi (è nato da poco un cucciolo), l’ocelot, l’allocco, i rapaci come il gufo reale e il barbagianni, le tartarughe, i colibrì, gli aironi, i bellissimi fenicotteri, il martin pescatore e tanti altri. Riusciamo a vederli bene perché sono stati predisposti dei Tunnel nella garzaia: si tratta di tunnel naturalistici nascosti alla vista degli animali.
Sono percorsi costruiti per ingabbiare e nascondere i visitatori e permettere loro di osservare da vicino gli abitanti dell’Oasi senza interagire troppo o disturbarli.
Quest’Oasi è un paradiso per i fotografi e per gli artisti, perché le ispirazioni sono tantissime.
Noi ci siamo rigenerate, divertite e abbiamo apprezzato la semplicità di un luogo dove si respira l’amore per la natura.
Trovate tutte le informazioni sul sito Oasi Sant’Alessio.
Alla prossima!


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