Prima, Donna. Margaret Bourke-White a Milano
dal 25.09,2021 al 29.08.2021
La storia di una donna fotografa e dei suoi scatti che hanno raccontato un secolo
“Prima, donna. Margaret Bourke-White”, Palazzo Reale a Milano, è una Mostra da non perdere.
E’ la storia di una donna e della sua fotografia, il suo essere Prima in tanti ambiti della fotografia.
La mostra racconta con più di cento foto il suo percorso di professione e di vita. E racconta la storia e le contraddizioni di un secolo, il Novecento, che lei ha avuto la capacità e l’opportunità di raccontare.
“Ha messo in posa anche i morti – hanno detto di me.
Ha creato il suo set nelle baracche, ha trattato come comparse i bambini neri che morivano di fame mentre l’altra, quella, scattava la foto che è diventata il simbolo del dolore: la madre disperata, vecchia da giovane, i suoi figli appesi a lei – quella foto: la Grande Depressione.
Si, si bravi. Fate le vostre classifiche.
Io non ho bisogno di essere vendicata da chi mi racconta.
Sono morta già vendicata.
Siete in ritardo, di nuovo.
Provate voi, a firmare la prima copertina di Life.
A mettere in posa Stalin, Gandhi. A calarvi da un cavo sospeso da un aereo sul mare, e poi scendere in miniera, e arrivare a Buchenwald per prima, con le truppe, nei campi.
Embedded, dite. Al seguito dell’esercito. Dunque parziale, dunque rassicurate. Il mondo che entra in salotto, come si deve. Senza turbare. Senza disturbare.
Sì, sì. Il romanticismo patriottico.
La questione è questa. Non c’è bisogno di mentire, basta non dire tutta la verità. Non sono stata mai bugiarda: reticente, forse, e solo quando serviva.
La verità non esiste, la vostra etica è una menzogna. La verità è la bellezza dove la vedi.
Soprattutto: é dove la crei.
Bisogna trovare il varco ed entrare.
Perché l’importante è entrare: essere nel posto giusto.
al momento giusto.
Arrivare per primi, io l’ho fatto sempre.
Sono sempre arrivata per prima. La prima, donna.”
Margaret Bourke-White


La mostra si snoda in undici sezioni, undici tappe fondamentali nella vita e nella carriera di Margaret Bourke-White.
Si parte dai suoi lavori industriali, corporate e pubblicitari. Nella sezione L’incanto delle acciaierie sono mostrate le sue immagini splendide e innovative che la lanciano come temeraria fotografa industriale.
Per realizzarle è entrata in fonderia e nelle acciaierie, senza paura, avvicinandosi agli altoforni. Diventa una famosa e molto ben pagata fotografa.
Ma tutto questo non basta più e dal 1936 non le è più possibile ignorare gli effetti della Grande Depressione sul suo Paese.
Viene raccontato nella sezione Nella “Conca di Polvere”. Dal lavoro sulla povertà del Sud degli Sati Uniti nascerà nl 1937 il libro You Have Seen Thier Faces, pietra miliare nel campo dell’editoria fotografica.
Nel 1936 viene invitata a partecipare alla nascita di una rivista che sarà per tutta la sua vita il suo posto di lavoro. Una rivista che diventerà la più importante e influente rivista fotografica del periodo: Life.
Per Life produrrà copertine, reportage, ritratti, servizi.
Si reca più volte in Europa, in particolare in Russia dove riesce a raccontare la vita dei russi in due momenti storici importanti, gli anni ’30-’31 e nel ’41, con le foto presentate nella sezione Sguardi dalla Russia,
Le riuscirà uno scatto entrato nella storia, il ritratto di Stalin.
La sezione Sul fronte dimenticato racconta, con i suoi occhi di fotoreporter, la guerra. Ha documentato come fotoreporter di guerra di Life diversi fronti, Inghilterra, Nord Africa. Sul fronte italiano resterà cinque mesi, fotografando la Battaglia di Cassino, le bombe, gli sfollati, i soldati. Nascerà il libro “They Called It Purple Heart Valley. A Combat Chronicle of the War in Italy.
Un’altra tappa fondamentale nella carriera di fotoreporter è stato l’ingresso Nei campi. Ha partecipato all’apertura di diversi campi di concentramento nazisti e documentato tutto l’orrore che ha visto.








Finita la guerra, Margaret si concentra sul percorso che stanno compiendo India e Pakistan. Nella sezione L’India di Gandhi troviamo i suoi scatti, in particolare uno dei più famosi, entrato nella storia della fotografia, l’ultimo ritratto di Gandhi.
Nel 1950 Margaret Bourke-White è in Sudafrica, non senza difficoltà ma con la caparbietà che la contraddistingue, riuscirà a raccontare l’apartheid con i suoi scatti che sono di una modernità impressionate, scendendo nelle miniere e andando nelle grandi fattorie, ma soprattutto riuscendo ad entrare in sintonia con le persone.
Il tema della segregazione lo affronta anche negli Stati Uniti, nella sezione Le voci del Sud bianco è rappresentato il suo lavoro per Life che racconta un mondo letteralmente diviso a metà.
Una sezione particolare è In alto e a casa, che racconta la passione di Margaret Bourke-White per il volo. Sono scatti fatti durante tutta la sua carriera.
L’ultima sezione racconta quella che la stessa Margaret Bourke-White chiama La mia misteriosa malattia. E’ il Parkinson che l’accompagnerà per il resto della sua vita. In questi scatti, frutto della collaborazione con Alfred Eisentaedt, la sua scelta di mostrare la sua malattia e mostrare se stessa, con la sua voglia di lottare e di non mollare, ma anche le sue paure e le sua debolezze. Fino a quando non riuscirà più a fotografare ma continuerà a scrivere e a produrre il suo libro autobiografico Portrait of Myself.

Una mostra importante, che racconta in modo superbo una grande fotografa, ma soprattutto una grande donna.

